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Il nuovo ERP non funziona? O è il progetto ad aver fallito?

Introduzione


Quando un nuovo ERP non porta i risultati attesi, la prima reazione è spesso attribuire la responsabilità al software.
Nella realtà dei progetti che seguo, la causa raramente è tecnica. Quasi sempre il fallimento apparente deriva da elementi organizzativi, culturali e metodologici presenti molto prima dell’avvio del sistema.

Implementare un ERP non significa installare un programma, ma guidare un cambiamento profondo nel modo in cui l’azienda lavora, condivide le informazioni e prende decisioni.

In questo articolo analizziamo i tre fattori che, più di tutti, determinano il successo o l’insuccesso di un progetto ERP.

1. Mancanza di una visione trasversale dei processi


Un ERP è costruito per supportare processi end to end.
Se però le funzioni aziendali lavorano per silos, senza una mappatura condivisa dei flussi e senza un allineamento sulla logica del processo, il sistema finisce per riflettere la frammentazione esistente.


I sintomi tipici sono:

  • dati duplicati o incoerenti tra funzioni
  • passaggi manuali non previsti
  • workflow che non rispecchiano ciò che accade realmente in azienda
  • utenti che percepiscono il nuovo ERP come più complesso del precedente


Un progetto ERP richiede quindi una fase preliminare di analisi dei processi, mappatura dei flussi e definizione delle responsabilità operative.
Non è solo “documentazione”: è la base che evita configurazioni sbagliate e tensioni tra reparti.

2. Requisiti poco chiari e non strutturati


Molte aziende sottovalutano l’importanza della raccolta requisiti.
Un documento superficiale o poco approfondito porta a soluzioni tecnicamente corrette, ma operative sbagliate.

Questo accade perché:

  • i requisiti non derivano da processi ben definiti
  • non sono esplicitati i vincoli, le eccezioni e i casi particolari
  • gli utenti non sono coinvolti nella definizione dei bisogni
  • i fornitori interpretano il “come si dovrebbe lavorare”, non il “come l’azienda lavora davvero”


Il risultato inevitabile sono configurazioni incoerenti, dati non affidabili e funzionalità percepite come non utili.

Una raccolta requisiti efficace è invece un’attività strutturata, che combina interviste, workshop, analisi dei dati e definizione delle logiche decisionali di ogni area.


3. Scarsa preparazione culturale prima ancora che tecnica


Un ERP è prima di tutto un progetto di cambiamento.
Senza una preparazione culturale adeguata, il sistema viene vissuto come un’imposizione, non come uno strumento di miglioramento.

Gli effetti più comuni sono:

  • resistenza all’adozione delle nuove funzionalità
  • tentativo di ricreare nel nuovo sistema le vecchie abitudini
  • utilizzo minimo o parziale delle potenzialità dell’ERP
  • errori personali scambiati per “malfunzionamenti del software”


La formazione deve quindi essere duplice:

  1. culturale, per spiegare il “perché” del cambiamento
  2. tecnica, per abilitare il “come” utilizzare processi e funzionalità


Senza questo passaggio, anche il miglior ERP finisce per essere percepito come inaffidabile.


Il ruolo del consulente esperto di processi


Un consulente esterno esperto di processi porta una visione imparziale e trasversale che l’azienda spesso non ha al proprio interno. Aiuta a definire con chiarezza obiettivi, requisiti e flussi operativi, riducendo errori di configurazione e incoerenze tra reparti. Facilita le decisioni, governa il progetto con metodo e previene derive o conflitti funzionali. Supporta il change management, guidando le persone nella comprensione del nuovo modo di lavorare.

Il risultato è un’implementazione ERP più solida, coerente e realmente utile al business.





Ugo Chiavassa Lean Manufacturing Consultant

Nell’attuale contesto di mercato, in cui sfide sempre più complesse richiedono una costante ricerca di efficienza operativa, la scelta di una consulenza qualificata è importante per essere supportati in un percorso di crescita orientato al successo.

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